30 - Opposizione a Dimissioni

NOTA INFORMATIVA

Il Servizio sanitario nazionale è obbligato, in base alle leggi vigenti, a curare tutte le persone malate, siano esse giovani o adulte o anziane, colpite da patologie acute o croniche, guaribili o inguaribili, autosufficienti o non autosufficienti. Dunque, la cura delle persone con la malattia di Alzheimer, o con altre forme analoghe, spetta alla sanità.

Sempre in base alle leggi vigenti, i congiunti dei malati non sono obbligati a svolgere le attività di competenza del Servizio sanitario nazionale e, quindi, non hanno alcun obbligo giuridico di sostituirsi alla sanità.

ATTENZIONE - Sotto il profilo giuridico accettare le dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate di una persona cronica non autosufficiente incapace di programmare il proprio futuro, significa sottrarre volontariamente il paziente dalle competenze del servizio sanitario nazionale e assumere tutte le relative responsabilità, comprese quelle penali, nonché gli oneri economici conseguenti alle cure che devono essere fornite al malato.

Com’è ormai riconosciuto, sono preferibili, nell’interesse del malato, le cure domiciliari nei casi in cui non debbano essere fornite prestazioni che richiedano personale specializzato e strumentazioni particolari.

Al riguardo, le Asl più rispettose delle esigenze dei malati assicurano adeguate prestazioni domiciliari sia mediche che infermieristiche e, occorrendo, riabilitative. Inoltre, dette Asl riconoscono il volontariato intrafamiliare e versano a coloro che provvedono alle cure domiciliari una somma quale rimborso forfetario delle spese sostenute.

Nei casi in cui le persone malate, compresi gli anziani non autosufficienti ed i malati di Alzheimer, siano ricoverati presso ospedali o case di cura private convenzionate, gli stessi degenti se in grado di esprimersi o, in caso contrario, i loro congiunti, possono rifiutare le dimissioni se permane lo stato di malattia acuta o cronica con o senza autosufficienza.

Alcune considerazioni importanti:

Le persone a cui si indirizzano le lettere di cui sopra faranno il possibile per non rispondere per iscritto in modo da non assumere impegni ed evitare questioni con l’autorità giudiziaria.

Chi vuole impedire le dimissioni deve essere molto deciso e deve chiedere una risposta scritta.

Allo scopo di avere le prove delle richieste avanzate, si deve sempre o inviare lettere raccomandate con ricevuta di ritorno o telegrammi (il fax non va bene perché si ha la prova di averlo spedito ma non quella che sia stato ricevuto).

Se si hanno degli incontri con medici, assistenti sociali o altri operatori, è consigliabile non assumere mai impegni verbali o scritti. Inoltre, subito dopo ogni incontro, è opportuno inviare un telegramma così redatto: «A seguito dell’incontro di ieri, di cui ringrazio, confermo la mia opposizione alle dimissioni come ho chiesto nelle raccomandate da me inviate in data … di cui attendo risposta scritta».

Se viene presentata dai medici e da altri operatori documentazione da firmare, è consigliabile inviare fotocopia al Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti della Fondazione Promozione sociale che la prenderà in esame allo scopo di segnalare eventuali problemi.

Il ricovero presso ospedali e case di cura private convenzionate deve sempre essere gratuito.

I trasferimenti da una struttura all’altra devono essere fatti a cura e spese del Servizio sanitario nazionale.

Quasi sempre, il personale delle Asl o dei Comuni propone il ricovero degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer presso Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), case protette o altre strutture analoghe.

Si tratta di strutture del settore socio-sanitario (con caratteristiche molto diverse da quello sanitario), il cui accesso è vincolato dal parere favorevole rilasciato dalle Uvg (Unità valutative geriatriche) che sono commissioni istituite dalle Asl.

Ottenuto il parere favorevole dell’Uvg, il malato viene inserito in liste di attesa, e può aspettare anche uno o più anni prima di essere ammesso in una Rsa.

Nel frattempo, se si accettano le dimissioni, la persona che le ha accolte deve provvedere a curare il malato con i mezzi economici del malato stesso e, se essi non sono sufficienti, con le proprie risorse. Le cure possono essere fornite sia a domicilio che presso Rsa. Se si tratta di Rsa la retta è interamente a carico del malato e di chi ha accettato le dimissioni: può arrivare anche a 3.000-3.200 euro al mese. Infatti, nei casi in cui il ricovero nelle Rsa venga disposto al di fuori della lista di attesa, le Asl non versano la quota sanitaria. (IMPORTANTE: si propone una lettera facsimile per richiedere all'Asl il il versamento della quota sanitaria: cliccare qui).

Invece, quando il ricovero nella Rsa viene concordato con l’Asl, la quota sanitaria viene corrisposta dall’Asl stessa, mentre il ricoverato deve versare la retta chiamata alberghiera.

Se si sottoscrive un accordo con la Rsa (o altra struttura) in cui il malato è ricoverato, chi lo firma stipula un contratto privato con l’ente e quindi, salvo eccezioni, è obbligato a rispettarlo per tutta la durata del ricovero.

Segnaliamo che gli operatori dei servizi sanitari e sociali sono personalmente responsabili dei danni derivanti da loro errate informazioni. Pertanto coloro che sono in grado di comprovare (tramite scritti o testimonianze di persone non legate da vincoli di parentela o di affinità) le negative conseguenze economiche subite a seguito di informazioni errate, possono rivolgersi all’Autorità giudiziaria per il rimborso delle spese sostenute, ad esempio per il ricovero “privato” in una Rsa con oneri (quota sanitaria e quota alberghiera) interamente a carico del paziente o di chi lo rappresenta.

Il Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti della Fondazione Promozione sociale resta a disposizione. La consulenza è gratuita. Si riceve solamente per appuntamento (tel. 011 8124469).